Very funny but typical look inside a Hong Kong taxi cab.

L'uomo che amava
i taxi

questioni di principio

Photo: Very funny but typical look inside a Hong Kong taxi cab, by CITY WING TSUN

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Ho scoperto che il fido G. sembra avere un’attrazione per i taxi. Quando parlo di attrazione non voglio esattamente dire che abbia una preferenza per il taxi piuttosto che per altri mezzi di locomozione, ma intendo proprio una sorta di magnetismo fatale, un richiamo quasi animale, una smania irrefrenabile e irresistibile. Quando il fido G. esclama “prendo un taxi”, c’è un altissima probabilità che vada a spalmarcisi contro, ecco.

Ho scoperto che il fido G. sembra avere un’attrazione per i taxi. Quando parlo di attrazione non voglio esattamente dire che abbia una preferenza per il taxi piuttosto che per altri mezzi di locomozione, ma  intendo proprio una sorta di magnetismo fatale, un richiamo quasi animale, una smania irrefrenabile e irresistibile. Quando il fido G. esclama “prendo un taxi”, c’è un altissima probabilità che vada a spalmarcisi contro, ecco.

Ricorderò credo per sempre una serie di episodi che lo videro  andare a frantumarsi le corna sul cofano di uno dei milioni di Santana dell’80 che girano per la città, guidati nella notte da queste straordinarie creature, i tassisti, capaci di esibirsi in strada in numeri circensi che manco Moira e gli elefanti.

Ma in particolare mi resterà marchiato a fuoco nella retina, nei secoli a venire, quella volta in cui io e il fido G. ci trovavamo nei pressi di People’s Square: io pedalavo affannando dietro di lui, che faceva lo splendido nel traffico del centro città, scivolando tra i mezzi, sculettando sinuoso tra vetture e autobus e diciamolo, sbuffandomi contro di tanto in tanto perché restavo troppo indietro, costringendolo a rallentare la sua galoppata metropolitana. Quella volta accadde tutto nel giro di pochissimi secondi. Il fido G., lanciatissimo e col ciuffo biondino sventolante sventol, un taxi che improvvisamente inchioda screeeech, lo straordinario tassista che incurante di trovarsi in pieno centro di carreggiata a 4 corsie apre la portiera slaaam, e il fido G. che senza riuscire a frenare in tempo si spalma tipo uomo vitruviano sulla portiera aperta. La bici che continua la sua corsa solitaria per qualche metro, lo straordinario tassista solo un po’ stupito e niente più, il fido G. che spiccica i suoi arti dalla carrozzeria e inizia a inveire in francese – prendendo a pugni il cofano – contro un tassista sempre più incredulo (mica ho fatto niente di male, che stracazzo si urla ‘sto qua?) e io che arrivo trafelata qualche secondo dopo, piegata in otto dalle risate. Impagabile.

E mi potete dare della meschina e me lo prendo, ma per capire, al mio posto ci dovevate essere voi e poi ne possiamo riparlare. Insomma, andò a finire che ce ne tornammo a casa, lui davanti incacchiato come una biscia e con la bici che faceva scric gnnn scric, e io dietro che ridevo come una bertuccia: senza sosta, senza fiato, fino a casa; e per due giorni m’hanno pure fatto male gli addominali.

E niente, qualche sera fa io e il fido G. stavamo pedalando in giro per Shanghai godendoci una fresca serata di Marzo. Io davanti e lui dietro, e si chiacchierava del più e del meno quando sento un boooom! for-tis-si-mo, mi volto e trovo il fido G. spalmato contro il portabagagli di un taxi che aveva inchiodato di botto. Il fido si riprende quasi subito, tira un pugno al taxi (quando a Shanghai vedete un taxi ammaccato 9 su 10 è stato lui) e viene verso di me, che mi copro il viso con le mani. “Ehi, che hai? Guarda, non mi sono fatto niente…ma piangi?”

Si, stavo piangendo. Fiumi di lacrime, a fiotti inarrestabili. Stavo piangendo dalle risate, chiaramente.

Allora il fido G. mi guarda e mi dice, testuale: “Comunque l’avevo visto che stava frenando, lo stronzo. Gli sono andato dentro apposta, per fargli capire che non si frena così, che è pericoloso”

“Ma fido G., hai fatto il botto!”, riesco ad articolare mentre annaspo alla ricerca di ossigeno, tenendomi la pancia.

“E’ stato un atto dimostrativo”.

Così parlò il fido G.



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