Gabriel Sotero per Gustavo Broges Gym

Soldato
palla di lardo!

la farfallina assassina

Photo: Gabriel Sotero per Gustavo Broges Gym

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Non sempre riusciamo a prevedere che reazione avremo di fronte ad un evento, specie se l’evento in questione è traumatico. Io per esempio, un po’ di tempo fa ho compiuto trent’anni, e invece di mettermi a correre nuda per la strada urlando frasi sconnesse e maledicendo i ravioli cinesi, mi sono iscritta in palestra. Che è chiaramente il primo sintomo della demenza senile.

Non sempre riusciamo a prevedere che reazione avremo di fronte ad un evento, specie se l’evento in questione è traumatico. Io, per esempio, un po’ di tempo fa ho compiuto trent’anni, e invece di mettermi a correre nuda per la strada urlando frasi sconnesse e maledicendo i ravioli cinesi, mi sono iscritta in palestra. Che è chiaramente il primo sintomo della demenza senile.

Che poi non è stata una decisione improvvisa, ma una scelta programmata per settimane e pianificata nel dettaglio, perciò non ho manco l’attenuante del delitto d’impeto. Anzi, mi dovrebbero dare tutte le aggravanti del caso e pure l’obbligo di domicilio su una panca da sollevamento pesi, per correttezza penale. Prima di sporgere denunce e scatenarmi l’Interpol contro però, sappiate che sono stata già punita per la mia scelleratezza.

La prima banale considerazione che ho da fare sulla palestra è che è un business pazzesco. Su 100 iscritti che si abbonino per un anno infatti, è scientificamente dimostrato che 90 di essi smetteranno di frequentarla ignominiosamente entro il primo mese, diradando sempre di più le sedute fino alla totale latitanza nel giro di mesi 2, cosa che elimina il problema del sovraffollamento delle palestre: per prima cosa i gestori possono accettare iscrizioni fino a un numero dieci volte superiore alla reale capienza della palestra; in più prendono soldi per un servizio che potrebbero darti ma che tu stesso non vuoi più dopo pochissimo tempo. Geni!

La seconda considerazione è che in palestra non ci vanno quelli che ne avrebbero bisogno, ma quelli che sono già fighi di natura. E quindi in una sala fitness non troveremo quasi mai una popolazione media di Platinette, Giancarli Magalli e Slimers, ma un esercito di modelli di Dolce&Gabbana, di Belen Rodriguez col culo sul collo e un cucuzzaro di aspiranti olgettine, gente che è capace di correre su un tapis roulant per decenni senza che il mascara si trasformi in una maschera di orrore sui loro volti, senza che una goccia di sudore fuoriesca dal loro corpo dalla muscolatura guizzante come le anguille di fiume. E se esce profuma di brezza marina e ferormoni.

Il che ci porta all’inspiegabile e bizzarro fenomeno che ho sperimentato qualche sera fa. Stavo partecipando – pregna di entusiasmo totalmente ingiustificato – a una lezione di gruppo in cui praticamente passi un’ora a saltellare sul posto sferrando pugni all’aria davanti a te. Sorvolando sull’effettiva utilità muscolare di tale attività, mi soffermerò su ciò che più di tutto ha colpito la mia attenzione, ovvero: nel gruppo di 6 donne presenti nella sala – che corrisponde ad un totale di 12 tette – solo 2 sballonzolavano, ed erano le mie. Il che ha veramente del paranormale, perché io le tette non ce le ho! E quindi mi chiedo: ma voi, amiche del pupazzo a molla, ‘ste zinne di che materiale ce le avete esattamente? Ve le hanno cementate col Bostik? Ve le hanno attaccate con lo sparapunti alle braccia? Ma soprattutto, per quale motivo io sono lì che mi affanno e rantolo come un rinoceronte asfittico e voi tutte riuscite a saltarellare, sferrare cartoni, cantare, incitarvi a vicenda e sorridere contemporaneamente? Ma cosa diavolo siete, replicanti di Michelle Hunziker?!

E ‘nsomma gnente, è successo che sono uscita da quella lezione e per far riprendere fiato alle tette mi sono seduta su una panca, che si rivelerà poi essere un attrezzo per pompare i muscoli dell’interno coscia. All’improvviso si è materializzato questo istruttore cinese enorme e nella lingua del demonio ha iniziato a contare: “Un, due, tre, dai!”. Allora mi sono alzata fingendo indifferenza, e mentre cercavo una via di fuga praticabile lui mi ha presa per le spalle e fatta sedere di nuovo: “Un, due, tre, forza Soldato palla di lardo!!” Non ho avuto scelta, era gigantesco e aveva trentadue braccia, credo. Poi quando ha visto che ero sul punto di cagarmi addosso dallo sforzo ha detto: “Basta così, adesso lo stretching!”. Indi, mi ha fatta sedere per terra a farfallina. Mo’, io non lo so, ma secondo me c’è un momento che se spingi troppo le gambe verso terra puoi morire. Che una cosa è l’elasticità, un’altra è la smontabilità: mica siamo fatti come i tavolini klubbo dell’ikea, perdio. Comunque a un certo punto ha spinto così tanto che ho sentito distintamente le ovaie schizzarmi fuori dalla vagina, che se è orribile da leggere figuriamoci da provare.

E poi basta, alla fine mi ha lasciata andare. Ci ho messo un po’ per uscire dalla palestra –  ho dovuto cercare le ovaie e rimontarmi le gambe, capirete. Però poi l’ho seguito nel parcheggio e mi sono segnata la targa del suo motorino: la prossima volta gli taglio le gomme.



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