scrittura_cinese

Fonemi
a cazzo

nell'aere sparsi


Sidebar

Credo di averlo già scritto da qualche parte, oltre a ulularlo a gran voce non appena mi si presenta l’occasione, ma per sicurezza vorrei ripeterlo di nuovo: la lingua cinese è la lingua del demonio.

Credo di averlo già scritto da qualche parte, oltre a ulularlo a gran voce non appena mi si presenta l’occasione, ma per sicurezza vorrei ripeterlo di nuovo: la lingua Cinese è la lingua del demonio. Lo è intrinsecamente, ma lo è ancor di più perché esistono infiniti dialetti e sottodialetti, che i Cinesi certe volte non si capiscono nemmeno alla distanza di una sputazzata l’un dall’altro. Se l’Inferno esiste davvero, nel mio ci sarò io circondata da 300 vecchie che parlano di informatica nel dialetto dello Xinjiang, h24.

La lingua Cinese è difficile per due ragioni fondamentali:

1)  è una lingua tonale. A seconda della pronuncia, un fonema può avere 4 o più significati.

2)  è costituita da fonemi, lanciati a cazzo nell’etere, dei quali spesso nemmeno i Cinesi stessi hanno piena coscienza

Per dire, già un fonema qualunque può significare 4 cose diverse a seconda del tono con cui viene pronunciato, ma siccome il Cinese si compone perlopiù di termini bisillabici, le probabilità matematiche di insultare  involontariamente la madre del tassista, per dire, crescono in maniera drammatica.

L’altro giorno stavo parlando col mio capo. La priorità del giorno era comunicargli in modo più chiaro possibile che quel pomeriggio non avrei lavorato in ufficio, ma sarei andata ad una fiera dell’informatica. (Chiaramente alle fiere dell’informatica non ci vado per diletto, ma nel tentativo di raccattare clienti per la mia azienda).

Col mio scopo ben chiaro in mente, mi sono tuffata a bomba nel mio personale inferno linguistico. Per esattezza, devo comunicarvi che quando formulo delle frasi in Cinese, nella mia testa si aprono due finestre di dialogo: la prima rappresenta il roseo sogno della chiarezza formale e grammaticale, la seconda lo scontro frontale con l’incomunicabilità più primitiva.

Sogno: “Capo, vorrei ricordarti che oggi pomeriggio non lavorerò in ufficio, ma andrò alla fiera dell’informatica di cui ti avevo parlato la settimana scorsa.”

Realtà: “Capo, wo hui jia” (letteralmente e secondo me: Capo, io fiera”)

Oh, si fa quel che si può, che vi devo dire?

Dall’altra parte, uno sguardo allarmato: “No, Agata, ancora no. Sono solo le 2, non puoi andare”

“Ma capo, te l’avevo detto ieri!”

Perplessità: “…veramente no. Tu finisci di lavorare alle sei, perché vuoi andare hui jia adesso?”

“Perché la hui jia finisce alle 5, se non vado adesso non ho più tempo”

“Non capisco…ti senti male? Vuoi andare a hui jia?”

“No, capo, sto benissimo, ma devo andare a hui jia”.

Capiremo solo dopo 10 minuti di surreale botta e risposta che nel mare magnum dei fonemi sparpagliati nell’atmosfera, io avevo selezionato sì quelli giusti, ma in ordine invertito.

Quindi, come memento per occasioni future:

1)      Jia hui significa “fiera”

2)      Hui jia significa “tornare a casa”.

Mo’ se vi è rimasta un po’ di voglia di vivere, rileggetevi il dialogo e ditemi se non sarebbe più opportuno auto-abbattersi.

 

 



 Condividi 

Non ne hai avuto ancora abbastanza ?