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Qualche tempo fa mi è stata posta la domanda. Di getto, bum, così. Una domanda posta troppo spesso e troppo a sproposito. Per dovere di cronaca, sono rimasta signora, non j'ho menato.

Ultimamente, e per ultimamente intendo già da qualche anno, una quantità spaventosa di gente della mia età ha iniziato a riprodursi. Gente vicina a me, ma gente vicina anche a te, lettore, eh sì. Guardati intorno: in taluni casi, sono perfino tuoi amici.

Gente che ingravida e si fa ingravidare. Con naturalezza. Nonostante i preservativi, nonostante la pillola, nonostante la scienza offra molteplici ed affidabili mezzi per evitare che una cosa lunga tipo 50 cm, larga non mi ci fare pensare e dai contorni drammaticamente irregolari, debba fuoriuscire violentemente da un pertugio oggettivamente inadatto allo scopo.

Tutto ciò avviene ogni giorno, come fosse la più logica tra il range infinito di attività a nostra disposizione offerte dalla società odierna.

Con cognizione di causa. Scientemente.

Nonostante la precarietà, nonostante il riscaldamento globale, nonostante Luigi Di Maio al governo.

Con impareggiabile disinvoltura e sprezzo del pericolo.

Io sono una persona orrenda di base, è risaputo. Da qualche tempo a questa parte sono, qualora possibile, peggiorata. Il mio livello di cinismo ha raggiunto picchi incompatibili con una vita sociale normale, la mia naturale empatia è entrata in coma farmacologico e il progetto di concentrarmi solo su me stessa sta sconfinando pericolosamente verso un’aridità nei confronti del mondo al limite con la sociopatia.

Ovviamente sono sbagliata io, me ne rendo conto. E’ tutto normale, è tutto giusto ed è tutto meravigliosamente naturale, e io mi sento sinceramente felice quando amici e conoscenti mi comunicano che stanno per creare un loro replicante, poichè mi fregio di avere amici e conoscenti degni della massima stima, persone splendide che faranno il possibile e con successo, per trasmettere non solo i propri migliori geni, ma anche i propri migliori valori to the next generation. Degli ottimi valori, invero. Penso proprio che, portato avanti da tali persone, un gesto del genere – mettere al mondo un figlio – non possa che far del bene a questo mondo demmerda.

E dunque, nonostante l’idea che la mera esistenza in vita di qualcuno possa dipendere interamente da me mi getti in uno stato di sconforto primordiale, sono genuinamente felice che il resto del mondo non soffra della mia sindrome. Mi congratulo, faccio domande, ascolto le risposte, interagisco come se fossi una persona normale.

Poi arrivo a casa, mi faccio una doccia calda e ringrazio il fato che il feto non debba uscire dal pertugio mio.

Tutto ciò per comunicare, toccandola piano, che sono incinta!

Non è vero stavo scherzando, è solo un bieco escamotage per ricatturare la tua attenzione.

Al netto del mio disagio personale nei confronti della scelta di figliare e al netto della stima per lo strepitoso ottimismo di chi lo fa, in questo momento storico della vita mia, la risposta principale alla domanda – che non andrebbe posta ma ahimè accade – per me è la paura. Di cosa?

Della responsabilità, certo; della precarietà lavorativa, ovvio; del dolore fisico, graziealcazzo; di non essere all’altezza, garantito, sottoscritto e controfirmato.

Ma soprattutto, la paura che nonostante tu sia una persona non dico perfetta perchè suvvia restiamo realisti, ma diciamo: mediamente buona, sana, intelligente, affettuosa, presente, vicina, gentile, empatica, equilibrata; nonostante tu faccia del tuo meglio per educarlo al rispetto di sé stesso, delle donne, degli uomini, dell’ambiente, dell’umanità tutta senza distinzioni di ceto, origine e religione; nonostante gli metta a disposizione tutti gli strumenti per leggere, ascoltare, capire, interpretare e giudicare la realtà con la propria testa e con il proprio cuore; nonostante tu gli mostri la strada per la bellezza, il coraggio, la dignità, la pietà, l’amore; nonostante tu impegni la tua vita, le tue energie, il tuo tempo, le tue capacità, il tuo amore allo scopo di rendere il mondo un posto migliore grazie alla sua presenza, ebbene tuo figlio, che è tuo figlio ma anche una creatura dotata, volente o nolente, di vita propria, un giorno possa esseredirepensarefare, qualcosa di mostruoso.

Potrebbe, all’infuori dei tuoi sforzi e calcolando le infinite variabili presenti nel discorso, diventare un assassino. Uno stupratore seriale. Un molestatore di bambini. Un mafioso. Un ricattatore. Un truffatore. Uno stalker.

Dici che esagero, e forse hai ragione.

Diciamo un terrapiattista, un creazionista, un antiabortista.

Un concorrente del grande fratello, un tronista di Uomini e Donne, o semplicemente uno stronzo.

Continuando per paradossi, ma nemmeno troppo, tuo figlio potrebbe diventare Salvini. Pensaci, che fai?

Insomma, probabilmente sono patologica. Ma se lo sono, allora non sono la sola.

Nel mio universo di relazioni esistono donne magnifiche e uomini straordinari, esistono single, coppie, coppie etero e coppie omo, insomma individui che in solitaria o in compagnia hanno deciso che sì lo voglio e hanno creato delle robe sublimi che mi hanno commossa oltre ogni misura e alle quali va il mio plauso, tutto il mio amore e il maggior supporto possibile.

Oltre a questa realtà, però, esistono anche donne che per le ragioni più svariate, hanno deciso che no, che non posso, che non voglio, che no per adesso, che no mai, che forse un giorno sì ma non per forza o che puoi anche farti una manicata di cazzi tuoi e comunque campiamo tutti bene e non per questo vanno maltrattate, compatite, schernite o come succede nella maggioranza dei casi, demonizzate.

E probabilmente, tra queste donne qui, ci sei pure tu. E anche a te, molto più che probabilmente, è stato chiesto perchè non fai un figlio. Domanda che già di per sè, avalla e conferma la mia teoria che pure se non ti esce livello Salvini, è comunque n’attimo che ti esce coglione.

Perchè, fino a prova contraria e scusando il francesismo, finchè il pacchio è saldamente attaccato al mio corpo, sarò libera di usarlo agli scopi e alle finalità che più mi aggradano. Senza dover rendere conto a nessuno se non a me stessa.

E se lo voglio usare come fioriera, sorry not sorry, fattene una ragione.

Pace, amore e libertà.



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