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Un giorno di Ottobre sei arrivata e hai deciso di essere mia amica.
Forse quel giorno di Ottobre ti sei detta “se non ci penso io, questa qua ce la giochiamo”.

Un giorno di Ottobre sei arrivata e hai deciso di essere mia amica.

All’improvviso c’eri. Ti ho trovata nel cortile di casa, di una casa che si era svuotata di cuore e di respiro. Devi averlo sentito.

Forse quel giorno di Ottobre ti sei detta se non ci penso io, questa qua ce la giochiamo”.

E ti sei imposta. Ti facevi trovare davanti alla porta, mi aspettavi quando tornavo da lavoro, a casa mia c’era solo salame, io la spesa quando mai, sono un po’ randagia anch’io. Mi sa che avevi capito anche questo.

Mi passavi tra le gambe mentre salivo le scale, ti buttavi a terra e mi facevi vedere la pancia. A una sconosciuta triste, la pancia, così? Che eri una mignottina l’ho capito immediatamente. E infatti mi sono innamorata all’istante.

Passavano i giorni e quando non ti trovavo mi mancavi, ti venivo a cercare, pure di notte, soprattutto di notte, quando ti sentivo piangere da lontano. Sei sempre stata furba, sapevi benissimo come arrivare alla mia porta ma c’è più gusto a farsi venire a cercare alle 3 del mattino con un freddo porco , preferibilmente fino in cantina. Alla fine ci trovavamo e discutevamo il da farsi, sulle scale, sempre fuori. Notti intere, tanto chi dormiva?

Non puoi entrare, Minnitta. Se entri, con che cuore ti faccio uscire più?”

Ovviamente te ne sei sbattuta le palle, una distrazione – ma a chi la racconto, una distrazione – ed eri sdraiata sul letto. Grazie a te, a poco a poco è diventato accettabile persino ritornare in quella casa, la sera. Mi avevi addomesticata, mia piccola volpe.

Ovviamente facevi il cazzo che ti pareva. Entravi e volevi uscire, uscivi e piangevi per rientrare. Tu no, non potevi essere addomesticata, too cool for school, babe.

Di base, urlavi. Sempre. Discreta non sei stata mai. Pisciavi ovunque, salivi sul tavolo, mi mangiavi i capelli, Cristo Santo. Impunita. Curiosa. Buffa. Libera.

Un giorno sei volata giù dal secondo piano, svariati testimoni mi hanno sentita urlare fino a Liegi. Dopo pochi secondi sei ritornata su al trotto, mi hai snobbata sulla porta e sei filata dritta a pisciarmi nella pianta. Forse quel giorno ti sei giocata una vita, io so solo che in quel balzo ci ho perso 30 anni della mia.

Poi, come hai fatto ancora boh, un giorno sei zompata giù dal mio letto e ti sei rotta la zampa. Non sono mai riuscita a capire come hai fatto, da 40 centimetri, ma mia nonna diceva una cosa che è passata a mia madre che è passata a me, ed è che se siamo fortunati, ma veramente fortunati, può capitare che una creatura speciale incrociata per caso sul cammino, percepisca il nostro dolore quando il dolore è insostenibile, e se ne prenda carico. Lo sapevi che da sola non potevo farcela, ti sei presa il mio. Chiamami matta, ne sono ancora convinta.

zampa

Parlavo di te a tutti, eri il gatto magico apparso il giorno in cui era andato via il respiro.

Quando ci siamo dovute lasciare mi sono assicurata che vivessi in un posto grande, e verde, e che fossi amata, e che avessi tutto il salame che volevi, e che una bellissima famiglia piena di bambini e cani e gatti e galline e conigli ti custodisse sempre.

Tu invece, col cazzo. Hai preso e con la zampa ingessata, sei scappata ad esplorare il mondo. Nessuno più indomito, indipendente, sovrano di sè stesso.

Però figlia mia, a Gennaio, in campagna, sottozero, con un osso rotto, ti pareva il caso?

Ho pianto di pianti disperati, quando pensavo di non avere più lacrime, eri un gatto magico, non era possibile. Infatti sei riapparsa un mese dopo, quando avevamo perso tutte le speranze. Quel giorno ho urlato di gioia come una capra impazzita, poi ho pianto, poi ho urlato e pianto insieme. 

Eri il mio gatto magico e supereroe. Ed eri tornata a casa, incredibilmente guarita. Ma solo quando lo avevi deciso tu.

Ad essere onesti, non sei mai stata il mio gatto, non sono mai stata la tua padrona. Ruoli, tra me e te, non ne sono mai esistiti. Credevo di prendermi cura di te, quando tu da sola ce l’avresti fatta benissimo. Ce la facevi benissimo. Ce l’hai fatta benissimo. In realtà, sei stata tu a curare me, in tutti i modi in cui l’amore disinteressato può curare. E in troppi modi, e troppo profondi, mi hai salvata dalle cose brutte e nere e informi che avevo dentro.

Sei arrivata quando dovevi, te ne andrai quando vorrai, ti ho detto un giorno. E’ stato così.

Io della vita non ci capisco un cacchio, ma per una volta, ho avuto ragione. Per quel che vale.

Nel giorno più triste dell’anno hai attraversato il ponte. E potrai continuare a vivere come hai sempre fatto, ancora amata e sempre libera. E in qualsiasi luogo tu sia approdata, continuerai a mangiare capelli e salame, a far finta di piangere per farti rincorrere, a rubare dal piatto degli altri, a saltare sui letti, unica padrona di te stessa. 

 Perchè a te, Minnitta bella, non ti ferma nessuno.

Everything will be fine.

Just Fine, piccoletta.

Minnitta



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