grandparents, by Leslie

Arturo
l'uomo del futuro

Invece di dormire...

Photo: grandparents, by Leslie

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Mi piacerebbe che io e il mio uomo, da vecchi, somigliassimo a Jean-Paul Sartre e Simone De Beauvoir, invece con molta probabilità io sembrerò Luciana Littizzetto e lui Sandro Mayer. Nonostante ciò, saremo molto belli, perché saremo complici...

Stanotte non ho chiuso occhio nemmeno un secondo. Da un po’ di tempo faccio fatica ad addormentarmi, e se dormo dormo poco e male, mi sveglio tutta ciancicata e di giorno sembro Rita Dalla Chiesa senza trucco. Stanotte però, passa diversamente: perché penso all’uomo che arriverà, un giorno, magari presto, magari tardi. Forse si chiamerà Arturo, l’uomo del futuro. O magari Orazio, l’uomo dello spazio. In realtà, però, non ha importanza.

Mi piacerebbe che io e il mio uomo, da vecchi, somigliassimo a Jean-Paul Sartre e Simone De Beauvoir, invece con molta probabilità io sembrerò Luciana Littizzetto e lui Sandro Mayer. Nonostante ciò, saremo belli in modalità splendidosplendenteoverthetop: perché saremo complici.

Quando ci siamo incontrati il mio uomo mi scattava tantissime fotografie: no, non era Giapponese; semplicemente lo faceva perché voleva ricordarsi, tanto tempo dopo, di quanto ero stramba da giovane. Voleva stamparsi su carta e retina, ad una ad una, le centinaia di espressioni buffe che sono capace di fare: dalla scimmia ammaestrata agli occhi del porca troia, dalla bionda strabica alla posseduta dal demonio. Quando saremo vecchi entrambi, lui un po più di me, ma non troppo – seduti sul divano di casa e circondati dai libri, lui mi chiederà ancora di fargli le facce buffe. E io gliele farò, tutte quelle che mi chiederà, anche a costo che mi si crepi la fronte come la Fornero, anche a costo che mi si squarci la faccia in due o che mi schizzi via la dentiera.

Io e il mio uomo, quando saremo vecchi, vivremo in una casa in cui ci sarà sempre musica. Ascolteremo di tutto, anche se sentiremo poco. I Rolling Stones saranno ancora vivi, com’è giusto che sia. I Pooh anche, per ricordarci che senza i momenti bui non ci sarebbe modo di apprezzare quelli felici.

Anche da vecchi, io e il mio uomo ci ammazzeremo di insulti, ma di quelli creativi, sofisticati, oppure talmente volgari da risultare delicati. Io per esempio, un “bottana industriale” ogni tanto non lo disdegnerei, perchè è cinematografico e un po’ radical chic. Mi piacerebbe anche che mi dicesse cose tipo “parlare con te è come pisciare dentro a un violino”, perchè ammettiamolo, a dire “stronza” sono bravi tutti, ma certe raffinatezze sono di nicchia. A quel punto io gli risponderei che provo la stessa stima nei suoi confronti e che, non mi avessero lobotomizzata da piccola, a quest’ora avrei scelto il fratello giusto, il suo: quello un po’ ritardato. E poi ci sorrideremmo soddisfatti. E sapremmo, dicendocelo così, che ci amiamo ancora come il primo giorno: anzi, facciamo il secondo, chè il primo avevamo scandito a bocca larga come le rane: “Io Questa/o altri tre minuti e la/o accoltello”.

Io e il mio uomo, anche da vecchi, saremo sempre gelosi l’uno dell’altra. Non più furiosamente, non più da strapparci la pelle della faccia a schiaffoni come la Melato e Giannini nell’azzurro mare d’agosto: solo come due che è già tanto se stanno in piedi, ma che hanno ancora voglia di stare, pure fermi, però uno di fianco all’altra. E se invece andremo a ballare l’hully gully sulla sedia a rotelle al circolo Canottieri Spompati, quando arriverà l’arzilla Contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare a chiedere un ballo all’uomo mio, io lo lascerò fare, gli dirò vai pure caro, io resto qui a riposarmi; li guarderò attenta tutto il tempo senza far trapelare emozione alcuna, continuando a bere il mio succo di pesca (che avrò corretto di nascosto con vodka liscia). E poi, una volta arrivati a casa, gli farò un culo così. E lui mi risponderà che effettivamente, mentre ballava gli era venuto un po’ barzotto. Io scoppierò in una delle mie fragorosissime risate e faremo la pace.

Quando saremo vecchi, forse io e il mio uomo – tolgo il forse – ci saremo dati una tregua e avremo smesso di zomparci addosso come cavallette di Marzo ogni volta che stiamo insieme nella stessa stanza. Ogni volta che lui mi guarda con i suoi occhi verdi da figlio di puttana. Ogni volta che io mi siedo davanti a lui e gli dico “E quindi?”. Lui avrà la cataratta e io mi esprimerò solo in Molisano, vai a sapere perché. Però continueremo a desiderarci, desiderando ognuno la felicità dell’altro.

Quando sarò vecchia, il mio uomo vorrà difendermi dai bulli e non lascerà che me la sbrighi ancora e sempre da sola – pur sapendo che da sola ce la farei benissimo – perché lui lo sa che in gioventù ho rischiato di inaridirmi per questo pensiero – orribile e amaro e avvilente – che si può vivere felici in autosufficienza, senza gli altri, senza l’Altro. E lui invece mi cambierà l’acqua al cuore ogni giorno, per farmi sentire fresca e fiduciosa del fatto che le isole sono belle, ma gli arcipelaghi di più.

L’uomo mio, da vecchio, sarà saggio, perché da giovane avrà fatto un sacco di cazzate, tipo non capire immediatamente che eravamo un incastro perfetto. Io invece, da vecchia, sarò saggia e un po’ rompicoglioni, perché… Beh, perché se sono stata rompicoglioni da giovane col cazzo che cambio per qualcuno. Ma l’uomo che mi starà vicino avrà capito da mo’ come guidare con garbo le mie derive un po’ irragionevoli, un po’ nevrotiche, un po’ femmine. E in ogni caso sarà sordo, così tagliamo la testa al toro.

Il mio uomo del futuro non giocherà a provocarmi continuamente; o forse sì, perché gli piacerà ancora fare un po’ lo stronzo. Ma lo farà con gli occhi sorridenti. E dopo mi darà un bacio in fronte, al quale io risponderò piccata: “Sulla fronte a tua sorella, pirla!”

Io e l’uomo mio, quando saremo vecchi, ci guarderemo in faccia con l’espressione di due bambini nascosti sotto il tavolo e penseremo che siamo stati davvero fortunati a incontrarci. A trovarci. A riconoscerci. Ci diremo che ci abbiamo messo un po’ a inciamparci addosso, eh? Potevi uscire prima, una doccia in meno, mi saresti piaciuto lo stesso. E tu, una vita a decidere il colore dello smalto, mi saresti piaciuta pure senza i polpastrelli. Uè, bellino, parla quello che a ottant’anni ancora si gira a guardare la prima settantenne che passa. Ma stai un po’ zitta te, l’ho visto come guardavi il mio amico Tiffano ieri. Rincoglionito, il tuo amico Tiffano è morto. Ah, è vero.

E sennò mica lo guardavo soltanto! 

Non so: forse dovrei solo dormire di più.



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