Mario Götze

Però la Germania
ha giocato bene

disagio made in Frankfurt

Photo: Mario Götze

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Continua il ciclo "amore tra i popoli": protagonisti, ancora una volta, quei simpatici burloni dei tedeschi. Che vinceranno il campionato mondiale. Ripetiamo tutti insieme ad alta voce: "Amici, il mondiale ormai è vostro!" Ha detto Renzi che potete stare sereni.

Io, non so se lo sapete, però non ho tantissimo senso pratico. E neanche tanto senso delle proporzioni. Se ci penso, nemmeno posseggo molto senso del tempo e delle distanze. Si potrebbe da ciò facilmente dedurre che io sia una disadattata incapace di stare al mondo, eppure nel tempo sono riuscita a fare delle cose che per gli essere umani normodotati sono considerate ordinarie. Per esempio tagliarmi le unghie dei piedi senza mozzarmi gli alluci, riuscire a riconoscere lo shampoo dal balsamo sulle confezioni cinesi oppure vivere in paesi stranieri per tempi più o meno lunghi. Ancora oggi, come io sia riuscita a uscire viva da tutte e tre le circostanze – soprattutto dalla prima – è oggetto di studio al CNR di Ginevra.

Comunque, il fatto che io non possegga il senso delle proporzioni è saltato agli occhi in modo lampante in queste ultime settimane, che mi hanno vista impegnata in una logorante guerra di trincea contro due valigie nere e maligne. Due valigie nelle quali, secondo la mia mente distorta da una follia primitiva e degenere, avrebbe dovuto entrare il mondo. Per qualche giorno ci siamo osservate a distanza, in silenzio, a uso duello western. Poi al telefono con mia mamma ho pronunciato la seguente frase: “No, ma tranquilla, che qui ci entra tutto e mi resta pure spazio”. Mia madre, a circa diecimila km di distanza, per la sconforto di aver messo al mondo un’imbecille, si è sbattuta la testa al muro e ha perso conoscenza per tre giorni. In quei tre giorni, complice un monte di cose da fare e di amici da salutare, ho optato per la strategia che meglio mi contraddistingue: la procrastinazione. Non ho più nemmeno sbirciato le valigie, tantomeno le ho pesate, vorremo mica scherzare. A occhio, una volta riempite era chiaro che pesassero meno di 23 kg ciascuna. A schiena, invece, i miei sherpa personali James e Luca hanno ventilato l’ipotesi che i kg potessero essere 230 ma l’hanno ventilata troppo sottovoce  – forse sotto effetto dell’evidente enfisema polmonare dovuto a sei piani di scale a piedi – per cui detta ipotesi è stata subito classificata sotto la voce sticazzi fino all’arrivo in aeroporto, dove mi sono trovata davanti ad un sovrappeso totale di 8 kg. Ho dovuto lasciare un sacco di libri. Ancora c’ho il cuore che mi sanguina e gli occhi del porca puttana a imperitura memoria.

Comunque una volta sull’aereo la fatina dei flirt senza futuro mi ha messo accanto un tipo australiano, di origini srilankesi, dotato di n°2 occhi verdi da figlio di puttana, n°2  spalle da mura di cinta di una cittadella medievale umbra e, dettaglio da tenere a mente ma anche no, n° 1 fidanzata ad attenderlo all’aeroporto di Francoforte. Ciò non ha impedito affatto una conversazione lunga e articolata, né la di lui proposta di dormire sulla di lui spalla – su un volo di dodici ore avrei dormito pure su un letto foderato di blatte, figuriamoci su tale dono celeste – nonché una bella manina appoggiata casualmente sulla di me coscia in piena notte, così senza impegno. La manina non me la sono sentita di spostarla, che il periodo è quello che è, so che mi concederete questo momento di lieve e innocentissima buttanaggine intercontinentale. D’altra parte, la sorvolata della Russia è lunga, in qualche modo bisognerà pure ingannare il tempo.

Poi sono arrivata a Francoforte, ci sono rimasta 5 ore ma alla prima ora e mezza già mi era venuta voglia di invadere la Polonia. Nella fattispecie per i seguenti motivi:

1)      Saluti e forme di cortesia ricambiate a grugniti: abituata a vivere in Cina, dove “grazie”, “buongiorno” e “per favore” sono puri elementi d’arredo in una conversazione normale, ho cercato dentro di me la forza per riabituarmi alla civiltà e a queste – diciamocelo –  sopravvalutate formalità sfoggiando sorriso e gentillesse ancien regime. Sono stata ignorata con teutonica sapienza in quasi tutte le circostanze, quando non guardata con sospetto. A tratti ho avuto un po’ di paura.

2)       I controlli negli aeroporti tedeschi sono una cosa che in confronto preferiresti la lentezza di una maratona notturna del Signore degli anelli, il fastidio di una cena con Calderoli, il dolore di una punzecchiatura lenta e regolare con spilloni da vudù sulle pupille. La mia borsa e il mio trolley sono stati passati ai raggi x per 5 volte e aperti e rovistati una decina. Io, non è per qualcosa, ma sono abituata a Catania e a Shanghai, ovvero alla jungla, dove al massimo ti sequestrano un accendino e manco sempre: quindi posso reggere fino a una certa, poi mi viene un embolo. La cosa inquietante è che tutto questo, al contrario del punto 1, è stato portato a termine con un sorriso a millemila denti e con una gentilezza inspiegabile e quasi fuori luogo. Cioè, se ho portato i liquidi e non potevo, rimproverami. Con coerenza, che io sono una mente semplice, mi confondo con poco. Non farlo con lo sguardo tenero di chi rimane incantato a guardare un cucciolo di labrador che giocherella con la carta igienica Scottex. Altrimenti è straniante,  come sussurrare “ti amo” al tuo ragazzo mentre lo tempesti di calci sui coglioni, parbleu.

3)      Terzo e ultimo motivo, mentre passo la mia roba allo scanner, il cruccaccio addetto ai controlli, dopo aver esaminato con attenzione il mio passaporto , si è sentito in dovere di comunicarmi la notizia della nostra eliminazione dal mondiale. Che va bene, eh? Ma la frase “Aaah! Italiana! Ho montato stamattina alle 4 e non vedevo l’ora di trovarne una: l’Italia è fuori dal mondiale, però la Germania ha giocato bene, fai buon viaggio!” mi ha fatto venire quel pizzicorìo alla lingua, quello che ti fa venire voglia di imparare il tedesco solo per riuscire a esprimere concetti basilari, quali: “Italia-Germania 3 a 1”, “lei ha un gusto sopraffino nel vestire”, “i miei omaggi a quella culona inchiavabile di sua moglie”.

E invece mi sono consolata con pensiero che io, oggi, tummo a Santa Maria La Scala.

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