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Qualche settimana fa sono andata a un house warming party. “House warming party” lo dicono quelli belli fighi e fortunati. I pezzenti terroni come me dicono “festa”, di solito. Ma ogni tanto è giusto darsi un tono, immagino. E insomma, a questa festa ho conosciuto un cane, solo che non era un cane. Insomma, forse è meglio se leggete da voi.

Qualche settimana fa sono andata a un house warming party. “House warming party” lo dicono quelli belli fighi e fortunati. I pezzenti terroni come me dicono “festa”, di solito. Ma ogni tanto è giusto darsi un tono, immagino.

L’house warming party è una festa per l’inaugurazione di una nuova casa. Di solito a Shanghai si cambia casa per due ragioni principali, ovvero:

  • i rapporti tra coinquilini a un certo punto si deteriorano fino a sfiorare pericolose fantasie omicidiarie, qualche volta con tendenza al vilipendio di cadavere.
  • il padrone di casa ha raddoppiato il prezzo dell’affitto nel giro di trenta secondi d’orologio, netti. La più parte delle volte prende la decisione verso le 6 del mattino, dopo aver parlato per tutta la notte al telefonino col cugino del suo compagno di banco della prima elementare che lo informa che noi stranieri abbiamo uno sportellino bancomat impiantato tra le scapole, dal quale sono pronti a uscire flussi di denaro da far impallidire le isole Cayman tutte, e che è un peccato lasciare inutilizzato.

E insomma, questa festa l’ha organizzata la mia amica Amina, quella di questo post, che dotata di un autocontrollo raro negli esseri umani, era riuscita a non assassinare nel sonno il suo coinquilino, preferendo l’opzione ‘Cambio casa cambio vita’ (a dimostrazione che i cuneesi, specie quelli che si chiamano Amina, sono noiosi).

A fine serata eravamo riusciti a staccare tutte le tende di casa, lanciare un divano giù dal trentunesimo piano, accoppiarci a caso, fumare thè lipton in bustina, radere al suolo l’appartamento e farci arrestare tutti e 25 per ubriachezza molesta. Non è vero niente, era solo per dare un po’ di pepe alla storia.

Ecco, smorzati gli entusiasmi vi dirò che è stata una serata piacevole come lo sono le piacevoli serate tra trentenni  – anche se ci tengo a informarvi che io ne ho ancora 29 –  passate a ridere con poco e a chiacchierare compiacendosi di sapere usare il congiuntivo, più o meno; che poi è un po’ il tipo di serate che amavo pure a diciassette anni, perchè a me l’ unz unz unz al banacher sulla litoranea non mi è piaciuto mai tantissimo.

Comunque, il picco massimo della serata è stato quando io e Roberto – che è nato in
Italia ma ha la faccia da cinese ed è capace di dire cose talmente terribili sui cinesi che a volte, vi dirò, sbianco pure io – abbiamo litigato per un cioccolatino alla gianduia, che alla fine sono riuscita a conquistarmi e a gustare davanti a lui con una punta di cupidigia, suscitando livore e promesse di vendette future.

Poi è successo che ho conosciuto una ragazza cinese vestita in modo normale, che parlava inglese molto bene e che in più era pure bellissima, e invece di provare un’invidia istantanea e assassina, mi sono messa a parlare con lei per un bel pezzo e l’ho trovata pure abbastanza interessante. Poi, dopo un po’ che discutevamo, le ho chiesto: “Scusa ma tu come ti chiami?” e lei mi ha risposto “Sharpei”.

SHARPEI, capito? Io per sicurezza le ho chiesto di farmi lo spelling e lei mi ha detto proprio: S-H-A-R-P-E-I.

Esseaccaaerrepiei.

“Come il cane?” ho domandato allora io. E lei mi ha detto “si… perchè ha un suono carino”. Vorrei far notare che era anche molto compiaciuta della sua scelta. Il che ci porta direttamente e senza ulteriori indugi a questo post qui, su cui dovreste cliccare (no, non si apre con la forza del pensiero).

 



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