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come se fossi una persona normale


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Ci sono giorni in cui ho paura di me stessa.
Oggi, per esempio, mi sono svegliata, mi sono alzata e sono andata lavorare. Sebbene le tre azioni insieme provochino in me – rispettivamente - orgoglio fatica e stupore, non sono questi i motivi per cui mi temo.

Ci sono giorni in cui ho paura di me stessa.

Oggi, per esempio, mi sono svegliata, mi sono alzata e sono andata lavorare. Sebbene  le tre azioni  insieme provochino in me – rispettivamente – orgoglio fatica e stupore, non sono questi i motivi per cui mi temo.

Ciò che mi ha spaventata di più è stato il fatto di aver perduto il mio lettore mp3.

Sono infatti uscita di casa, ho percorso il tragitto verso la metropolitana, ho acchiappato un treno al volo, ho sonnecchiato in piedi come i cavalli, come i cinesi e come i cavalli cinesi fino alla mia fermata, sono scesa dal treno e mi sono incamminata verso il mio ufficio.

Ad un certo punto, certezza improvvisa e drammatica, mi sono accorta di non avere più l’mp3.

Allora mi sono bloccata e ho iniziato, nell’ordine, a:

  • Frugare dentro la borsa
  • Svuotarmi le tasche da vecchi scontrini, fazzolettini usati, accendini scarichi, criceti
  • Ispezionare i dintorni nella speranza che mi fosse caduto a terra due secondi prima
  • Scomodare santi a caso, inclusi quelli del calendario bizantino
  • Ripetere il percorso a ritroso fino alla fermata della metro (tre isolati) nella speranza di ritrovare il mio lettore su un marciapiede, tra le scatarrate dei cinesi
  • Smadonnare ad alta voce contro il cinese ladro e disonesto che sicuramente ha trovato il mio lettore da qualche parte e se l’è già venduto su Taobao – l’Ebay cinese –  senza batter ciglio (perché i cinesi non hanno ciglia) mentre nugoli di cinesi (senza ciglia) mi fissavano con aria intimorita (essere fissati da individui senza ciglia è spaventoso).

Poi ho sentito le voci, e ho pensato che il dramma stava per volgere in tragedia, perché di solito io le voci le sento di pomeriggio, non per altro. Le voci, in più, mi parlavano di vitelli.

Dopo un po’ che non sapevo più dove sbattere la testa mi sono accorta che avevo le cuffie alle orecchie, e che Elio stava cantando l’ultimo verso di una canzone bellissima, malinconica e struggente che fa più o meno così: “Mi presento, son l’orsetto ricchione, e come avrai intuito adesso t’inc**o.

Quindi mi sono scusata coi passanti senza ciglia, ho rifatto i tre isolati in senso inverso e sono arrivata a lavoro in ritardo: stanca e sudata, si,  ma con la rassicurante consapevolezza di essere  rimasta la cazzona di sempre.



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