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Questo, mi sono detta a un certo momento, sarà l'anno in cui imparerò a fare le cose da sola.
Spoiler: non è che non sono capace di farle, le cose da sola. E' che, ste minchia di cose, farle insieme agli altri mi piace di più.
Pronta? No. E allora vai.

Questo, mi sono detta a un certo momento, sarà l’anno in cui imparerò a fare le cose da sola.

Spoiler: non è che non sono capace di farle, le cose da sola. E’ che, ste minchia di cose, farle insieme agli altri mi piace di più.

E insomma, sai quei propositi che confezioni in una notte di luna piena e alcool, in cui tutto sembra possibile, ma che poi se non ci metti un botto ma un botto d’impegno, alla fine non li realizzi mai? Certo che lo sai, poiché come me, sei anche tu un fine conoscitore della nobile arte della procrastinazione.

Meno male che io ho un’amica che si chiama Giulia, e che Giulia è detta Giulia Pacco, ed è detta Pacco per tanti motivi – alcuni dei quali innominabili – e tra uno dei motivi ci sta ‘sto fatto che tira i pacchi.

Insomma, io e Pacco decidiamo che la vado a trovare a Londra e lei qualche giorno prima mi comunica che mentre sarò in viaggio verso di lei, lei sarà in viaggio verso un’altra nazione. Grazie al cazzo che arrivi tu, e Pacco mi espatria come le anatre mandarine in cerca di nuove primavere! esclamerai tu, che da bravo lettore di questo blog sei giustamente una persona brutta e mediamente meschina. Ebbene, forse hai ragione, ma io non lo voglio sapere.

Quello che conta è che per diversi giorni e per diversi motivi da indagare più a fondo con l’aiuto di uno bravo, ho pensato di non partire. Poi, improvvisamente, senza motivi apparenti e senza voltarmi mai più indietro, sono partita.

E ho fatto bene.

Ho fatto bene perchè in treno, mentre leggevo un libro, ho alzato lo sguardo e avevo un culo in faccia. L’ho sollevato ancora un po’  per capire chi fosse il portatore sano di questo culo declamante terzine dantesche e l’ho scoperto attaccato al corpo di un ragazzo nerissimo con uno dei sorrisi più abbaglianti e accoglienti mai visti in vita mia. Ci ho parlato tutto il tempo – col ragazzo, non col culo – e quando mi ha chiesto il numero di telefono ho scoperto che si chiama Tega, che in dialetto veneto significa Cazzo, e ho pensato che era un cerchio che si chiudeva nel più perfetto dei modi possibili.

Ho fatto bene perchè ho visto Pacco, solo per qualche ora, ma abbastanza per stupirmi ancora una volta di quanto, lei che è la persona più incasinata che conosca, sia capace di stupefacente saggezza e lucidità quasi chirurgica quando legge la mia vita, e quando me la spiega.

Ho fatto bene perchè ho rivisto Alessandro&Alejandra, perchè a Londra ho trovato il sole, perchè ho camminato tantissimo e per la prima volta questa città non mi ha fatto cagare, anzi mi è piaciuta assai. Mi sono immaginata a viverci – come gioco a fare in qualsiasi città vada a visitare – e no, non ci riesco ancora ma se Pacco insiste ancora un po’ magari ci penso, così lo stesso giorno lei migra verso Bali.

Ho fatto bene perchè mentre raggiungevo un’amica per un brunch, ho incontrato – pure se non ci riesce a credere nessuno – i testimoni di Geova italiani, che hanno fiutato la mia italianità, e in italiano mi hanno chiesto: “Vuoi incontrare Gesù?” E io gli ho dovuto rispondere: “No, veramente vorrei incontrare la mia amica Viola, ma semmai digli di raggiungerci che due chiacchiere ce le scambio volentieri”.

Ho fatto bene perchè sì, mi si è rotto il cellulare e non ho potuto scattare nemmeno una foto, ma mi sono riempita gli occhi di colori e le orecchie di suoni e il naso di profumi e il cuore di speranze: a Portobello, a Carnaby Street, a Little Venice, a Kensington e ovunque mi sia perduta senza geolocalizzarmi. A Hyde Park sono stata attaccata da una cosa che mi è sembrata una papera, la quale si è lanciata in volo rasoterra a 3 centimentri dal mio orecchio sinistro. Ho così appreso che le papere volano e possono essere più pericolose dei motorini elettrici guidati dai cinesi a fari spenti nella notte contromano. Poi sono stata attaccata da un corvo perchè mi ero seduta vicino a un bidone dell’immondizia e lui ci voleva pescare dentro, quindi colpa mia. Insomma, sono stata attaccata svariate volte da diversi uccelli; tra queste, nemmeno una volta in senso biblico. Però è stato bellissimo lo stesso.

Ho fatto bene perchè mi sono ritrovata in un jazz club a godermi una jam session stu-pe-fa-cen-te, ho parlato con gente sconosciuta, l’ho conosciuta e ci ho bevuto insieme, mi sono convinta che il batterista fosse Colin Firth e ho trascinato nel mio delirio mezzo locale, il poveruomo si sta ancora chiedendo perchè alla fine di ogni brano la gente acclamasse ‘sto Colin. Ho fatto consulenza cuori infrantie fa già ridere così – a un ragazzino di diciott’anni che mi ripagava in birre e ho dovuto schivare l’amico suo che mi voleva partire di limone ogni 4 minuti d’orologio: l’ho placato, ma solo per poco, quando gli ho rivelato la mia data di nascita. Poi si è ingrifato di nuovo e l’ho dovuto abbattere con il curaro, beata gioventù.

Ho fatto bene perchè sono entrata in un bar con un terrazzino assolato, mi sono rivolta al tizio vicino al bancone e gli ho chiesto un caffè, me lo puoi portare fuori per favore? Certamente, mi risponde cordiale. Ringrazio e vado a sedermi fuori. Torna dopo qualche minuto col mio caffè, mi chiede se voglio anche del latte, rispondo che no, black is fine, thanks. “Enjoy your coffee, and enjoy this lovely day”, si congeda con uno splendido sorriso, e io penso che questi inglesi ci sanno davvero fare, mica come qui. Scoprirò solo più tardi, quando ci incroceremo alla cassa per pagare, che mi ero rivolta ad un cliente del bar.

Perchè questa sono io, sempre. Irresistibilmente rincoglionita, prendere o lasciare.

Ma più di tutto, ho fatto bene a partire perchè per la prima volta, alla mia velocità e col passo mio, ho capito che ce la posso fare anche da sola. E che sì, mi piace di più, ste minchia di cose, farle insieme agli altri, chettedevodì?

Ma magari, farle da sola è meglio che non farle affatto.

Negli ultimi mesi sono cambiata moltissimo, così tanto da stentare a riconoscermi, dentro e fuori. Ho perso il contatto con la me stessa che conoscevo, ho faticato a riconoscere la stessa idea che avevo di me. Ancora oggi, certi giorni ça va encore, altri mi sto prepotentemente sui coglioni. E muto ancora, e costantemente, se in bene o in male non lo sa manco Alberto Angela.

Certe volte mi sembra di trovarmi in un corpo che conosco, in compagnia di una che mi pare familiare ma che talvolta mi mette in imbarazzo, e sento che o imparo a conoscerla a fondo o sta convivenza non s’ha da fare, che qua finisce tipo Fight Club e non ne abbiamo nessuna voglia, nevvero?

Dunque, con la granitica consapevolezza che sarà dura, ho bisogno di sedermi con questa qua e farmi una lunghiiiiiissima chiacchiera: vedere un po’ che tipa è, cosa le piace, cosa no, magari scopro pure che ci vado d’accordo, a volte ‘na botta de culo, che ne sai? Quello che so è che se mi sono persa, in qualche modo mi devo ritrovare, senza seguire le mollichine altrui e senza sperare nell’elisoccorso, che non siamo in un film. Che se non stiamo bene io con lei e lei con me, saremo due disagiate che portano solo disagio nelle vite altrui.

La strada è lunga e il lavoro è duro, quindi prima iniziamo meglio è. Ripartire dai fondamentali, testa bassa, sedia comoda e, beh, vino buono, altrimenti non ne usciamo vivi.

Ciao, tu chi sei?

E coraggio, perchè senza le basi, baby, scordiamoci le altezze.



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