Photo: problem solving chinese style

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Ci sono quelli che nascono con gli strumenti giusti per avere successo. Non siamo noi.
Questa è l'era del Problem Solving Chinese Style.
Arrendetevi.

Qualche giorno fa, nel civile Belgio, sono andata un attimo in Cina.

Da quando sono tornata in Europa, non ho mai veramente reciso i legami con questo paese affascinante e assurdo, del quale – mi si lasci dire – vengono spesso veicolate immagini imprecise. Prendiamo la mancanza di libertà: personalmente trovo che il concetto, in Occidente, venga spesso sopravvalutato, ecco.

Permettetemi un breve esempio: vai a cena fuori e mangi come un facocero del Serengeti. Immaginati, o lettore: spiaggiato sulla sedia, lo stomaco gonfio come i bambini del Ruanda, rantoli come Roberto Da Crema. In tutta sincerità, se ti chiedessero di scegliere tra la libertà di scrivere un editoriale di protesta contro l’emissione del monossido di carbonio delle fabbriche dello Henan e la libertà di esibirti in un epico, straordinario, monumentale rutto in pubblico: tu, lettore medio di questo blog e dunque persona pessima, che cosa sceglieresti?

Sappi che questa libertà, in Cina, non solo ce l’hai, ma vieni anche incoraggiato ad usarla.

Comunque dicevo, da quando sono tornata in Europa, ho sempre abitato in posti in qualche modo legati alla Cina. A Biella, la mia cameretta affacciava giusto su un centro massaggi cinese. Nonostante lavorasse solo di notte, nonostante in mesi non abbia mai visto una donna metterci piede, era sicuramente un posto onesto. Era carino bere una birra appollaiata al davanzale e scrutare questo formicaio brulicante di creature biellesi. Da qualche parte devo avere delle foto, a Biella mi annoiavo molto. In calce al post magari metto il mio IBAN, così, menza parola.

A Bruxelles, invece, a una certa sono venuta ad abitare nella strada cinese. Non è uguale a Shanghai, ahimè non posso mai uscire in pigiama, sputazzare sui passanti a scopo puramente dimostrativo, e neppure scorreggiare liberamente mentre passeggio tra le corsie del supermercato cinese sotto casa. Ma se volessi, so che nel medesimo supermercato, a certe ore specifiche del giorno, potrei.

E insomma, vicino a casa mia, c’è (again) un centro massaggi cinese. Dopo l’esperienza di premorte vissuta da Patty (ecco qui il link) volevo aiutarlo a riaffacciarsi alla vita regalandogli un massaggio.

Entro e mi investe un odore di cavolo bollito. Potrei essere in Cina.

Ecco un gagliardo esemplare di femmina cinese che non mi saluta. Potrei essere in Cina.

Mi guarda e continua a tagliarsi le unghie. Potrei essere in Cina.

“Posso dare un’occhiata alla lista dei massaggi?”

“Si”

“Li fai tu?

“Si”

“Wow, ce ne sono tantissimi”

“Si”

Cara vecchia loquacità cinese. Potrei essere in Cina.

“Posso fare un buono regalo?”

“Si”

“Quanto costa quello curativo?”

“Si”

“…”

Non solo potrei essere in Cina, ma ne ho quasi la certezza.

“Riprovo. Quanto costa quello curativo?

“Si”

China, my old bitch.

Da questo momento in poi, dovrei sapere che non posso uscirne che sconfitta. Ma per qualche motivo autolesionistico io continuo a dialogare con una che mi risponde solo Si.

“Io adesso ti do i soldi, ok?

“Si”.

“Dopo tu mi dai una busta e dentro ci metti un buono.

“Si”.

Tiro fuori i soldi. La cinese si illumina. Era quello il segnale,  sono io che sono un po’ arrugginita.

A questo punto accade qualcosa che un essere umano normale fa fatica a comprendere. La cinese, nell’ordine, fa questi 3 gesti:

  • Racoglie da terra un volantino
  • Mette sul tavolo una bolletta della luce
  • Inserisce il volantino del centro massaggi dentro la busta della bolletta della luce.

LA BUSTA. DELLA BOLLETTA. DELLA LUCE.

Dopodichè, mi fissa. Io sono ipnotizzata. Letteralmente.

“I soldi”. Mi picchietta il braccio. “I soldi”

Chiudo la bocca e ritorno padrona di me stessa. La guardo. Non so se infilarle due dita negli occhi o farle un sacco di complimenti.

“Questo…non è… un buono.

“Si”

“No, è una bolletta della luce”

“Si”

“Sì STO CAZZO E MEZZO GGGIOIA MIA, è una busta usata, c’è pure scritta a penna la lista della spesa. E tu, creatura, tu, oh sì, tu mi stai coglionando.

E a quel punto ella, la creatura cinese, fa una cosa che mi ricorderò foreva.

Una cosa che problem solving lèvati, cioè proprio, te devi levà perchè la tua era è finita. Codesta è l’era del Problem Solving Chinese Style. Arrendetevi tutti. 

Ella prende una penna e tira una linea dritta sulla lista della spesa.

Così.

“Adesso non c’è più.”

A quel punto, mi sono girata e me ne sono andata.

Ma solo perchè sono una che non sa accettare la sconfitta.



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