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Riflettevo tra me e me, masticando un Maalox, che a me, sta storia di fare sempre la signora mi ha solo spianato la strada verso la gastrite.
Ho pensato a tutte le volte in cui, invece che da signora, avrei dovuto reagire da Tina Cipollari.
Perchè Signora va bene, ma ogni tanto, Signora Sto cazzo va meglio.

A casa mia, nonostante le apparenze, mi sono stati insegnati – per dirla alla Miss Italia – dei valori.

Niente di eroico, dalle mie parti. Cose che ogni persona normodotata dovrebbe avere minimo minimo come linea di condotta. Poi gli sbagli si fanno, l’embolo ti può partire, ma poi alla base si torna, perchè è giusto così.

Di buonsenso, si tratta: niente di più e niente di meno. Per esempio, a casa mia si insegna che i patti vanno mantenuti, che la parola va rispettata, che se fai del bene poi un giorno il bene ti ritorna indietro come un boomerang sugli incisivi, che non si ruba il posto a sedere alle vecchie in metro (tranne se vivi a Shanghai), che non si pratica il bullismo verso i più deboli – nemmeno contro quelli che indossano gli occhiali senza lenti, o quelli che si fanno il risvoltino ai pantaloni, o ai maschi che si depilano. Che gli anziani vanno custoditi, che gli amici veri sono preziosi quanto dei fratelli di sangue, che le leggi vanno rispettate, perfino quelle di Gasparri, perdio!

A casa mia, più di tutto, si insegna la dignità. Mia madre è la persona più pregna di dignità che conosca, e a volte penso che se solo avessi un quarto della sua potrei campare di rendita a vita, tipo lèvatevi tutti ormai ho vinto. A casa mia si insegna anche che bisogna essere sempre signori. 

Ora, a tal proposito – riflettevo tra me e me mentre masticavo vigorosamente un  Maalox –  a me, sta storia di fare sempre la signora, nella vita mi ha solo spianato la strada verso la gastrite.

Ho pensato a tutte le volte in cui, invece che da signora, avrei dovuto reagire da Tina Cipollari. Perchè Signora va bene, ma ogni tanto, Signora Sto cazzo va meglio.

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E ho pensato che forse, ad oggi, avrei qualche mal di pancia in meno e qualche soddisfazione in più.

Per esempio, quella sera di primavera di qualche anno fa. Quella sera, in un ristorante di Shanghai, davanti ad un pubblico inconsapevole, in uno stato di calma apparente, io e l’uomo con cui avevo condiviso il bagno per i quattro anni precedenti, ci stavamo dicendo ciao per sempre. Davanti a una pizza che io lasciai vergine e martire e che lui si spazzolò in un tempo troppo breve per un essere umano normodotato, due persone che avevano vissuto sotto lo stesso tetto per anni, si stavano lasciando consapevolmente scivolare via. Seduti a bere vino (ho sempre avuto una propensione per l’alcool durante i momenti di difficoltà), io stavo accarezzando, per l’ultima volta, la vita per come la conoscevo.

Mi ricordo di una domanda, e poi un lungo sguardo triste da parte di entrambi. Dopodichè, ricordo il suo, di sguardo, che passa oltre me e accenna a un sorriso, e come alla moviola, il suo corpo si alza, si dirige un paio di tavoli più in là e va a salutare un amico. Va. A. Salutare. Un. Amico.

Così, come se un attimo prima non stesse succedendo niente. Come se quella fosse una cena regolare. Come se il mio cuore non fosse già abbastanza frantumato.

Poi, molto confusamente, vedo me che afferro il mio calice, mi dirigo a uso missile terra-aria verso di loro, mi presento educatamente al tipo e poi frantumo il bicchiere sulla testa del fido, gli tiro una tombola in faccia di quelle che ancora dopo tre anni stai girando, un calcio ben assestato sui coglioni e non paga, pure uno sul culo: così, per controbilanciare gli equilibri dell’universo, diciamo. Dopodichè – per mero diletto –  rovescio un paio di tavoli a casaccio, sputo in testa a 5/6 astanti, faccio vibrare nell’aere un aristocratico Suca, esco e sparisco in un puff blu nella notte Shanghainese.

E invece rimango ferma. Il fido ritorna al tavolo e io sono solo capace di dirgli “Ma ti pare il caso, adesso?!”

Ecco. Penso che se quel giorno avessi ceduto a quello che le mie viscere mi urlavano di fare, oggi, forse, non mi starei ciucciando un Maalox.

Del resto, penso anche che se quel giorno avessi ceduto a quello che le mie viscere mi urlavano di fare, oggi allo specchio vedrei una persona che non mi piace.

Mia madre non sarebbe fiera di me. E nemmeno Miss Italia.



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