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Toy Boy

Barman, per me il solito


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Hai incontrato un figo spaziale? Donna trentenne, leggi e annota col sangue: non solo non chiedergli ma-i quanti anni ha, ma evita qualsiasi parola/riferimento/accenno anche velato che possa ancorare la tua o la sua vita a dettagli temporali riscontrabili nel mondo reale. Va bene solo l'avverbio di tempo "domani", meglio se nella frase "domani si tromba". Breve, intenso e pregno di significanza. Via gli orpelli.

Da un po’ di tempo a questa parte alla gente gli è presa ‘sta fissa di chiamarmi “Signora”. Non sporadicamente, come in questo caso, nè da settenni orbi, e nemmeno da dissociati mentali certificati. Alla gente. La gente come me e te, lettore. Perchè come diceva il grande Umberto Tozzi, gli altri siamo noi.

Io la trovo una cosa molto triste, anzi no. Direi più che altro sconsiderata, a tratti indecente. Dici che è per educazione? No, non sei più educato perchè mi chiami signora, se poi quando mi rubi il parcheggio fai bella mostra del ditino medio e mi urli di ficcarmelo da tergo, mon cher ami. Quindi, per quanto mi riguarda, chiunque mi chiami “signora”, ad esclusione di…vediamo, vediamo…nessuno, deve morire male. Istantaneamente. Perchè non mi piace serbare rancore.

Detto questo, ho trent’anni, non 87. Non ho bisogno di un girello per muovermi in casa, non faccio sogni erotici su Davide Mengacci, ho ancora tutti i denti originali in bocca, mantengo discretamente il controllo degli sfinteri, sbavo solo in pochissime occasioni, tipo di fronte a Javier Bardem, e comunque solo raramente in pubblico. Che poi la mia vita sessuale sia meno avventurosa di quella dell’ottantasettenne di cui sopra è un dettaglio secondario e fuorviante ai fini della narrazione, quindi lèvati quel ghigno dalla faccia e continua a leggere. (Se sei Javier Bardem però, mi puoi telefonare).

Peraltro, ritengo di trovarmi in un discreto stato di conservazione, sono proporzionata, non ho i capelli bianchi nè le rughe, la cellulite rientra nel minimo sindacale e l’assenza di tette mi dona quell’aria da eterna dodicenne che suscita l’invidia di tutte le mie compagnette di classe. Ultimamente però, capita che mi venga chiesto quanti anni ho, e quando rispondo 30 – qui chiederei una standing ovation in segno di apprezzamento per la mia onestà intellettuale – mi trovo di fronte a risposte del tipo: “wow, però te li porti benissimo!”. Che non è esattamente il modo più semplice per entrare nelle mie grazie.

Ora, a questa piacevole età di mezzo, potrebbe capitare che una come me, e con questo non intendo necessariamente me, esca e incontri gente.  Mettiamo il caso che una come me, e con questo non intendo necessariamente me, veda un tipo e lo trovi carino, no scusate, bono, no scusate, di un coefficiente di trombabilità altissimo: diciamo un prototipo di Raz Degan de quartiere – simbolo indefesso di randagità e di quella irresistibile figliodiputtanità squarciamutande che lèvati – ed esclami una frase del tipo: “Ohibò, quel piacente giovinotto mi aggrada oltremisura”. (Ecco, vedete che non sto parlando necessariamente di me?). E mettiamo infine il caso che il piacente giovinotto, con un paio di occhiate da “sssono ssssolo fatti miei” e un paio di chiappe che declamano terzine dantesche, non solo non si sottragga allo sguardo concupiscente della tipa che non è necessariamente me, ma faccia chiaramente capire alla nostra simpatica amica che una botta, di grazia, gliela darebbe e non in testa.

Insomma, tutto parrebbe profilarsi secondo gli auspici più ghiotti. Se non fosse per quell’inquietante brivido di terrore che percorre la di lei schiena quando gli sente esclamare: “Lasciami racimolare questi fucking 2000 Euro e poi mi apro un chiosco in Jamaica”. Che è la frase tipica del post-adolescente ancora convinto di avere davanti a sè la possibilità concreta di aprire un chiosco in Jamaica. Con 2000 Euro. No, con 2000 fucking Euro. Perchè loro ci credono ancora. Amori de zia.

A questo punto, le opzioni che si schiudono davanti agli ormoni sgranati della nostra giovane amica trentenne sono due:

1) Chiedergli quanti anni ha, sentirsi rispondere 23 e andare a casa a morire lentamente di Centovetrine

2) Non solo non chiedergli ma-i quanti anni ha, ma evitare qualsiasi parola/riferimento/accenno/indizio anche velato che possa ancorare la tua o la sua vita a dettagli temporali riscontrabili nel mondo reale. Va bene solo l’avverbio di tempo “domani”, meglio se nella frase “domani si tromba”. Breve, intenso e pregno di significanza. Via gli orpelli.

Ora,io che sono una persona noiosissima, sceglierei forse l’opzione n°1. Ma a questo punto della narrazione è chiaro che non stiamo parlando necessariamente di me, nevvero? E quindi proviamo a immaginare come andrebbe se la nostra amica scegliesse il pacco n°2, ovvero negazione della realtà. Che, marchiamocelo a fuoco sulla fronte, non può funzionare. Il perchè è presto spiegato. Donna, leggi e annota col sangue.

Posto il fatto che apprezzo che tu abbia evitato in ogni modo di porre la fatidica domanda, a poco o nulla varrà la suggestione autoindotta, men che meno avrà senso il ripeterti autisticamente in testa la frase “ha 35 anni”. Specialmente nei seguenti casi:

1) Se il piacente giovinotto – al quale hai fatto chiaramente comprendere a botte di ferormoni impazziti una certa propensione al limone duro –  invece di spalmarti contro un termosifone e farti ululare come i licantropi nelle notti di plenilunio, ti propone un’uscita – la prima – con i suoi amici.

2) Se il piacente giovinotto passa a prenderti sotto casa con gli amici di cui al punto 1) e tali amici si presentano abbigliati da replicanti di Willy il Principe di Bel Air, berretto con visiera incluso.

3) Se il piacente giovinotto ti presenta i replicanti del punto 2) come i membri della sua crew e, in nomediddio e di Federico Moccia, essi rispondono ai nomi di Fifi, Dotty e Bubu.

Amica, se anche solo due dei punti appena descritti si prospettano, spero sia chiaro che ti trovi davanti a un toy boy. Ed è qui che devi fare la scelta:  ormone 3.0 o Centovetrine? Umiliante Waterloo vaginale o glorioso, liberatorio sticazzi ululato a tonalità condor delle Ande? Thermos di filtrofiore Bonomelli o quattro Tennent’s sul marciapiede del peggio bar de Caracas?

Tu fai la tua scelta: solo sappi che nel caso Tennent’s, l’ultimo dilemma esistenziale da superare non sarebbe più “gliela do o non gliela do”, ma piuttosto “Gliela do adesso o mi scolo prima la quinta?“, il che renderebbe l’annosa questione molto più abbordabile, ça va sans dire.

Nel dubbio, non lesinare. Stappa la quinta e sii generosa. Spandi. Elargisci, regala, distribuisci a piene mani. Prima che sia troppo tardi. Prima che il venticosenne toy boy si accorga che non sei Madonna.

I venticosenni vanno benissimo per una botta di vita. Silenziosa però. Al limite della sordomutaggine, se possibile.

Che tutto sommato, la vogliamo buttare via, signora mia?



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