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Lezioni di autostima
made in Catania

le dimensioni contano


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Uno si immagina che la Sicilia sia popolata da Marie Grazie Cucinotte: gente che con due bocce spropositate che a stento riesce a mantenere l'equilibrio, gente che usa le tette come mensola per appoggiarci le piantine grasse, cose così. E invece ci siamo anche noi, si, proprio noi che abbiamo altre doti. Non sul davanti, ecco.

E dunque, nella parte del globo in cui mi trovo in questo momento è estate. In estate, le cose da fare qui sono tante. Per esempio si può andare al mare, oppure si può andare al mare. In alternativa si può andare al mare. Ora che ci penso, però, si può anche andare al mare.

Insomma, se non hai voglia di andare al mare non è che non ci siano altre opzioni: puoi comodamente restare in casa a guardare le televendite di Davide Mengacci spalmata sul divano. Possibilmente in pelle. Senza condizionatore. Ma solo se ti senti particolarmente entusiasta della vita.

Insomma, io ho optato per il mare, perchè sono una persona profondamente noiosa e dotata di scarsissima fantasia.

Ritornare in Europa, purtroppo, implica il riadattamento a certe sciocche convenzioni sociali un po’ retrò: per dire, non si può uscire la sera a fare una passeggiata in pigiama, non si può ruttare in libertà senza suscitare raccapriccio e non si può andare al mare ignudi, come fanno ad esempio i cinesi maschi di Qingdao (Dio li benedica e li preservi nei secoli a venire).

nudi in qingdao

E quindi mi sono dovuta comprare un costume nuovo.

Entro in un negozio di costumi di cui non farò il nome. Nessuno mi assalta di huanying huanying, benvenuta (non sono in Cina). Posso dare un’occhiata alle merce senza che una commessa mi si attacchi alle chiappe sorridendomi e ripetendo a loop “you like you try, you like you try, you like you try” (non sono in Cina). Posso persino azzardarmi a prendere un costume in mano senza essere spogliata d’ufficio e spinta dentro al camerino (non sono in Cina).

-Buongionno.

Sono a Catania.

-Buongiorno, davo un’occhiata ai costumi.

- Cetto, signora. Comunque quelle sono quarte misure.

Hai detto buongionno e ho pensato che si cominciava male, poi hai detto cetto e ho fatto finta di niente; poi hai detto signora, e non ti ho attaccata alla giugulare a uso Suarez solo perchè perchè.

- Ah, non me n’ero accorta. (E comunque avrò anche io il diritto di sognare, stronzetta).

La osservo: giovane, molto giovane. Avrà una ventina d’anni –  che comunque non è una motivazione valida per chiamarmi “signora” –  la dizione di Cristiano Malgioglio e due tette abnormi. Poverina, forse è malata.

- Dove trovo le seconde?

Mi squadra per qualche istante, poi indica la parete opposta con un cenno del capo. Mi dirigo verso lo scaffale e inizio a spulciare tra colori e modelli. Dopo qualche secondo ì ce l’ho di nuovo attaccata alle chiappe (sono in Cina) che inizia a decantare le lodi di un certo costume “che ti fa un seno bellissimo,  grosso e formoso: deve provarlo”. E mi guarda con la faccia di quella che inizia a divertirsi. Io non tanto. Però ho un sacco d’ironia e decido di sì, sia mai faccia il miracolo.

Mentre sono alle prese con la prova costume lei è fuori dal camerino: percepisco la sua presenza, so che non ho scampo. Mi va largo. Sudacchio. Prevedo sciagure e pioggia di cavallette.

-Come va, signoraaaa?

- Ehm, adesso magari provo anche l’altro, forse mi st..

- Possooo?, e apre la tendina. Vabbè, fa’ come se fossimo sorelle. Fa’ come se avessimo fatto il militare assieme, già che ci sei.

-Ah, vabbè, ma allora tu sei una prima!

Sparito il sorriso, il Lei, e pure tre quarti della mia autostima. Benvenuti a Catania.



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