pucker, by David Wile

La prima
volta

C'è un tempo per tutto

Photo: pucker, by David Wile

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Che tutto sommato ci si incontra per caso, ma ci si perde per scelta. Che desiderare qualcosa è facilissimo e non cambia niente ma baby, è una fottutissima decisione che ha il potere di cambiare tutto. Non è detto che sia in meglio, ma perchè deve essere necessariamente in peggio? Chi l'ha detto, il Mago Otelma?

E’ un po’ che penso alla storia delle prime volte. Tante me ne ricordo e di tante altre mi sto nutrendo da un po’ di tempo a questa parte.

La prima volta che ho fatto il bagno nuda, la prima volta che ho fumato una bomba, la prima volta che ho baciato, la prima volta che mi è venuta voglia di fare l’amore. Il primo giorno di liceo, il primo interrail, la prima comunione, la prima volta che mi sono tinta i capelli di viola nel bagno di casa mia, la prima volta che ho usato un cesso alla turca, la prima volta che ho detto ti amo. La prima stazione da cui sono partita un’estate, il primo ostello in cui ho poggiato le mie chiappe stanche dal viaggio, la prima volta che ho parlato una lingua che non era mia, la prima volta che ho passato la notte fuori senza avvisare. Il primo quaderno su cui ho iniziato a scrivere, il primo bicchiere di vino rosso, la prima sbronza triste e la prima allegra, il primo risveglio a Shanghai. La prima volta che un cinese mi ha sentita parlare e ha capito, la prima rosa rossa senza biglietto, la prima carezza a Pavellina, la prima riappacificazione con la mia migliore amica. La prima volta che ho avuto il coraggio di scrivere di me, la prima volta che ho trovato un amico vero, la prima volta che ho parlato a qualcuno di Santa Maria La Scala – Cristo, Santa Maria La Scala – la prima volta che ho pianto dalle risate, la prima volta che non mi sono persa in bici. La prima volta che mia madre mi ha detto “Mi raccomando, le precauzioni” e io ho fatto finta di non sentire, la prima volta che ho detto a mio padre che mi rodeva il culo per questo questo e questo, la prima volta che mi sono sentita libera, parte di un progetto, gratificata da un lavoro, indipendente, amata, soddisfatta di me stessa, vincente.

E poi la prima volta che ho pensato che non ce l’avrei fatta, la prima volta che ho fallito, che ho sbagliato a fidarmi, che mi sono beccata un calcio in culo e uno sui denti, in contemporanea. La prima volta che ho pensato di essere troppo giovane o troppo vecchia per fare qualcosa, troppo insicura o troppo sbagliata, troppo fuori posto, troppo bassa, troppo inetta, troppo incapace, mai abbastanza. La prima volta che ho pensato distintamente che non mi meritavo di stare bene, la prima volta che ho messo le mie esigenze dietro a quelle degli altri, che non mi sono ascoltata, che ho chiuso gli occhi davanti all’evidenza. La prima volta che ho evitato un problema invece di sbatterci le corna e assassinarlo, tiè, devi morire male, bastardo. La prima volta che mi sono arresa. La prima volta che ho perso la bussola e la prima, miserabile volta, che mi sono guardata allo specchio e non mi sono riconosciuta.

Penso che ci voglia energia, faccia come il culo e incoscienza per farsi venire il coraggio della prima volta. Che quando ti viene, non sai mai in cosa andrà a sfociare, ma che una bella manciata di sticazzi, grattugiata qua e là, magari aiuta. Che in qualche modo bisognerà fare, bisognerà muoversi e andare, ognuno poi trova il suo.

Sto pensando che io, di prime volte ne voglio ancora, ne sono assetata, le desidero con una forza che mi fa male e non ci voglio, né posso rinunciare. E succederà ancora di pigliare calci in culo e sui denti e ce ne faremo una ragione, ma se bisogna prendersi le botte dev’esserci almeno un motivo valido: che uno è liberissimo di farsi male se vuole, ma che sia fatto con convinzione, con passione e dedizione, perchè ne deve valere la pena, e se pena dev’essere, sia almeno monumentale, straziante anche, ma completa e rotonda e viva, porco cazzo. Altrimenti è tutto fuffa.

Ci sono fasi nella vita, e capitoli che desideriamo chiudere, che avremmo bisogno di chiudere, che speriamo di chiudere, che cerchiamo disperatamente di chiudere, che lo sappiamo benissimo che vanno chiusi. Che alla fine, in qualche modo, la forza di chiuderli o la troviamo o ci condanniamo a sbattere le ginocchia contro gli spigoli ogni minuto. E però non è detto che non possano essere riaperti, ma più tardi, quando avremo fatto pace col pensiero che dentro ci sono cose che ci ostacolano o ci rendono tristi, o ci risucchiano energia.

Che per quanto mi riguarda, ho ascoltato tante persone e ho preso la parte migliore di ciò che ho sentito, l’ho elaborato e l’ho fatto mio e la sostanza è che non ho voglia né necessità di farmi male da sola, e quello che devo fare io, per rispetto nei miei confronti e solo nei miei, è amarmi, di un amore viscerale e pazzo e criminale e appassionato. Come non so fare, come non ho saputo fare mai. Come però sono fiduciosa di imparare a fare, perché forse non è troppo tardi, mai, nemmeno per noi che siamo irrimediabilmente irrisolte e inquiete e tormentate e nevrotiche e incompiute.

Che tutto sommato ci si incontra per caso, ma ci si perde per scelta. Che desiderare qualcosa è facilissimo e non cambia niente ma baby, è una fottutissima decisione che ha il potere di cambiare tutto. Non è detto che sia in meglio, ma perchè deve essere necessariamente in peggio, scusa? Chi l’ha detto, il Mago Otelma? Che un amico che ti dice “Ti prego, non accontentarti” è una cosa che se non lo ascolti, allora ti meriti le cose brutte. Che cambiare prospettiva può essere spaventoso, ma è l’unico modo per non rimminchionirsi l’anima.

Che c’è un tempo per l’amore e un tempo per l’abbandono. Che il tempo dell’amore nei confronti di qualcuno è bellissimo, ma quello dell’amore nei confronti di se stessi, mi hanno detto, è meraviglioso.



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