First Kiss, by Diva Dog Training

Lingue
amiche

uomini, donne e comodini

Photo: First Kiss, by Diva Dog Training

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Cos’è la lingua cinese? Su, dai che lo sapete. V’ho fatto ‘na capa tanta, non mi fate i timidi proprio adesso. La lingua cinese, come da me ululato a pieni polmoni nelle notti di plenilunio, è la lingua del demonio. Ripetiamo tutti insieme: La-lin-gua-del-de-mo-nio. La stessa lingua, però, se addomesticata poco poco, ci può talvolta risultare amica. Sto delirando? Forse.

Cos’è la lingua cinese? Su, dai che lo sapete. V’ho fatto ‘na capa tanta, non mi fate i timidi proprio adesso. La lingua cinese, come da me ululato a pieni polmoni nelle notti di plenilunio, è la lingua del demonio. Ripetiamo tutti insieme: La-lin-gua-del-de-mo-nio. Ok, ripetere one more time davanti allo specchio di cameretta vostra, per sicurezza.

Il fatto è che tutte le manifestazioni del Male in terra, io me le immagino che parlano cinese: per dire, Eric Priebke, il mostro di Rostov, Orietta Berti. Sarà forse per l’irresistibile scioglievolezza delle acca aspirate a base di aglio, non lo so.

Però la lingua cinese, se addomesticata poco poco, ci può talvolta risultare amica. Non tutto il male vien per nuocere, diciamo. Perché bisogna cercare di sviluppare il pensiero positivo, qualunque cosa esso sia. E quindi.

La cosa bella del cinese è che la grammatica, almeno quella (almeno quella orale), è facile. Per esempio con la sillaba TA, potremo facilmente indicare “lui”, “lei” e pure “esso”, perché il cinese se ne scatafotte se stiamo parlando di un uomo (che in Cina equivale a una creatura con le unghie dei mignoli lunghissime), una donna (che in Cina equivale a una creatura vestita e accessoriata da Hello Kitty) o un comodino in radica di noce. Oh, poi dicono che non è un paese democratico: mpf!

Ma sto divagando: torno subito alla mia becera ignoranza campestre del venerdì.

Da qualche settimana nel mio ufficio è arrivato un nuovo cliente. Questa persona è cinese e ogni volta che passa davanti alla mia postazione attacca bottone facendomi delle domande dall’irresistibile originalità, tipo: “Hai già mangiato oggi?” oppure facendo delle considerazioni sulla mia persona, come “Oggi porti gli occhiali” oppure “Oggi hai messo una maglia azzurra”. Forse pensa che io sia ipovedente e vuole farmi da cane guida, non lo so. In ogni caso questa persona ha i capelli corti, una faccia da uomo, un corpo da uomo, indossa  pantaloni da uomo, scarpe da uomo, cravatte da uomo e giacche da uomo. Solo che è una donna. E che è una donna l’ho scoperto quando sono uscita dalla toilette e l’ho trovata che si lavava le mani nel bagno delle donne. Sono rimasta un attimo spiazzata, la verità, e allora per cercare di dare un senso a quello strano incontro al cesso, ho chiesto spiegazioni al mio capo: “Capo, quella persona lì, ta, secondo te è maschio o femmina?” e lui, con la stessa espressione di pietà missionaria che mi rivolge quando gli faccio domande dello stesso tenore di coglionaggine, mi fa: “Beh, mi sembra palese che sia un uomo, no?”, allora mi sono azzittata. Poi, qualche giorno dopo, mentre scriveva una mail, il capo ha alzato la testa all’improvviso, mi ha chiamata e mi ha detto sghignazzando: “Lo sai che avevi ragione? E’ una donna!”

Premesso che chissene di cos’hai in mezzo alle gambine e premesso pure che per quanto mi riguarda ti puoi vestire da padre francescano, da Moira Orfei e pure da kiwi se ti gira, ho pensato che è in circostanze come queste che sono contenta di parlare la lingua del demonio invece che la mia lingua madre. Niente generi, niente concordanze, niente gaffes. Niente figure di merda, volevo dire.

Quella lì del bambino per esempio. Quella di quando incontri  per strada la tua compagna di banco dell’asilo che spinge una carrozzina con un bebè, perchè è diventata mamma (verosimilmente per la quinta volta), e tu senza pensare alle possibili alternative neutre (tipo “che tesorooooooo”, “che bellezzaaaaaaa” o “che meravigliosa creaturaaaaaaa”) ti lanci in un rovinoso “Ma che bello questo bambino!”, frase che verrà accolta da un glaciale “Veramente è una bellA bambinA”, che ti catapulterà in una spirale di imbarazzo dalla quale non uscirai mai più. Perché dopo quello, che è l’errore ancestrale, inizierai ad annaspare, agitarti, balbettare, gesticolare insensatamente, sudacchiare, parlare del tempo, raccontare aneddoti su Adriano Pappalardo e inanellare una spirale perversa di figure demmerda che culmineranno con l’apoteosi: “Però, ti trovo in forma”. Quando la tua interlocutrice pesa esattamente 125 chilogrammi per un metro e venti d’altezza. E la prossima volta che vi incontrerete ti metterà sotto con la carrozzella.

Perchè hai scelto la vocale sbagliata.



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