Bisheng ke

Bisheng...che?!



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“Tu sei italiana: ti piace la pizza?” mi chiede sorridendo da dietro gli occhiali
“Certo, capo, adoro la pizza!” (Adoro mangiarla ascoltando il suono pizzicarello del mandolino mentre con la bocca piena intono ‘O sole mio’)
Quando lo scoglio dell'incomunicabilità finisce dentro al cesso.

Io col mio capo mi trovo molto bene.

Il mio cinese è estremamente  basico, il suo inglese inesistente. Quindi, a conti fatti, la nostra è una perfetta interazione tra primati.

A parte il linguaggio del corpo e i suoni, però, riusciamo a comunicare tantissimo! Come ci riusciamo è un fenomeno misterioso e ineffabile, che non riuscirei a spiegare neanche con l’aiuto di tutti e tre i pastorelli di Fatima, ma in meno di un mese siamo riusciti ad affrontare diversi argomenti, via via  sempre più complessi. Il mio capo è molto curioso, e credo di essere riuscita egregiamente a soddisfare molte delle sue curiosità, rispondendo gagliarda e scattante a gran parte delle sue domande.

Per esempio :

a)      Si, il mio nome è italiano, ma deriva dal greco, e significa “buona, onesta”

b)      Ho 29 anni ma no, non mi sento pronta a fare un figlio. Preferirei avere un gatto.

c)       Si, in Italia possiamo votare, ma dai risultati siete più fortunati voi.

Probabilmente ciò che ha capito lui è che il mio nome significa capitella corinzia , che tra 29 anni avrò diritto di voto in Cina, e che in Grecia le donne partoriscono gatti. Sarà per questo che a volte mi tratta con la condiscendenza che si riserva ai bambini un po’ lenti. O agli schizofrenici.

Io, invece, dal canto mio ho capito che è molto perfezionista, che ha 40 anni e che si vergogna dei capelli bianchi. Di queste informazioni mi sento abbastanza sicura, perché le abbiamo verificate con Google Translate (si, siamo messi male). Oltre a questo, però, ho capito anche che mi vuole bene, perché dopo un’intera giornata di cazzeggio gli viene sempre in mente, cinque minuti prima che io stacchi da lavoro, che ci sono 34 e-mail urgenti da inviare in giornata, e no, non si può aspettare fino a domani. Però io lo perdono, e pure io nutro del sincero affetto per lui, perché mi fa utilizzare la macchinetta del caffè espresso ogni volta che ne ho bisogno, senza farmi pagare le capsule e senza detrarle dal mio stipendio. Ma più di ogni altra ragione, credo di volergli bene perché sorride spesso, non è orripilante come la quasi totalità dei cinesi maschi e rutta pochissimo.

Detto questo, gli perdonerò anche il fatto di avermi teso un’imboscata, perché sono sicura che l’ha fatto in buona fede.

Qualche giorno fa, succede che in uno slancio di affetto e amore tra i popoli, il mio capo mi chieda cosa voglio mangiare per pranzo.

“Non so, non ci ho ancora pensato” (erano le 11.00 del mattino).

“Tu sei italiana: ti piace la pizza?” mi chiede sorridendo da dietro gli occhiali

“Certo, capo, adoro la pizza!” (Adoro mangiarla ascoltando il suono pizzicarello del mandolino mentre con la bocca piena intono ‘O sole mio’)

“Conosco un posto dove si può ordinare la pizza a domicilio, se vuoi te la ordino su internet e te la faccio portare in ufficio” si offre lui

“Ma grazie, che carino!” E poi, colta da improvviso dubbio: “Come si chiama il ristorante!?”

“Bisheng ke”

“Bisheng ke…mai sentito. Ma…è cinese?”

“Ma è famosissimo! No, no, è occidentale!”

Mmmmm…mi ritrovo in una posizione difficile. Il cibo occidentale può spaziare dall’italiano allo spagnolo al francese. Ma potrebbero aprirsi scenari più drammatici, tipo il tedesco; o addirittura tragici, come l’inglese! Che fare? Come cavarsi da tale situazione d’impiccio?

E’ il tuo capo, Agata, non puoi fare marcia indietro così, poi pare che non ti fidi. Arrenditi, magari ti va di culo.

“D’accordo, Bisheng ke pizza…proviamo, dai!”

Un’ora dopo scoprirò, con orrore, che Bisheng ke è la traduzione di Pizza Hut, (tra l’altro qualcuno mi spieghi in base a quale stracazzo di regola fonetica, di grazia!) il che corrisponde a uno dei peggiori crimini contro l’italianità nel mondo. Nutrirsi di Pizza Hut è la regressione nella catena alimentare, è come chiedere allo squalo di mangiarsi un’ovetto alla coque, come chiedere a un francese di brindare a spumante, come chiedere a un cinese di ruttare internamente.

Ma io sarò più forte, mica mi si può abbattere così.

Ripresami dallo svenimento, ho indossato il sorriso delle occasioni, raccolto la mia poca forza di volontà e  mangiato tutta la fetente pizza Bisheng Ke: tra l’altro, ai frutti di mare, perchè oltre al danno pure la beffa.

Poi, come si poteva facilmente prevedere, ho fatto avanti e indietro dal computer al cesso per tutto il pomeriggio. E per mostrarmi perfettamente integrata nella società cinese, ho fatto un rutto che aveva qualcosa di leggendario. In ufficio, manco a dirlo, nessuno ha fatto una piega. Dopotutto, siamo in Cina!

 

 

 



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